MANIFESTAZIONI: C'è troppa irresponsabilità!
Manifestare é un diritto sacrosanto. Manifestare è uno
dei modi più belli per raccontare la propria militanza. Nel corso
della storia chi ha alzato la voce e si è posto in contro corrente
ha cambiato alla fine la propria condizione oppure è riuscito a
essere "rivoluzionario". In tempo di Coronavirus il contesto è stato
molto singolare. Ha visto nella sua fase iniziale un modo 2.0 di
manifestare le ricorrenze, per esempio. E poi si è giunti al delirio: un delirio che ha toccato una parte di popolazione ostile che non
comprende la difficoltà del momento oppure che ha un eccessivo
bisogno di visibilità oppure ancora che cercava un espediente per
tornare in campo. Le giornate tra il 30 maggio e il 2 giugno sono
state teatro di queste strane e probabilmente prevedibili occasioni
di ribellione sciagurata.
Le piazze di Torino,
Milano, Roma e molte altre hanno mostrato il lato più scellerato
della disperazione, quello meno ragionevole e quello che lamenta il
bisogno di essere sulle scene. Il disagio economico a cui stiamo già
andando incontro è comprensibilissimo e merita risposte concrete,
sagge. Può essere addirittura normale che una parte politica e i
suoi sostenitori oppure ancora un campo più largo e meno delimitato
possa non avere fiducia in questo governo e utilizzare questo periodo
da una parte per fare propaganda e dall'altra per una polemica
senza criterio di cognizione.
Il contenuto di rabbia e di invidia
sociale presente nelle tante piazze di sabato scorso merita
attenzione e soprattutto la prudenza e la capacità della classe
politica, ma, rappresentato così come è stato, non è sicuramente
valido in quanto ci sono due fattori importanti: da quelle piazze
arrivavano mani destre tese e alzate, personalità provenienti dagli
ambienti più neri e più istiganti a quell’odio razziale e alla
più becera ricerca del capro espiatorio come risoluzione dei propri
problemi; da quelle piazze arrivavano i peggiori assembramenti, non
soltanto per i motivi prima citati, ma pure per la scarsità di buon
senso e di civismo di queste persone che lamentano al governo la
mancanza di tempestività e di prontezza nell’affrontare dapprima
l’emergenza sanitaria e poi quella economica.
Queste persone
denominate “Gilet arancioni” addirittura oggi negano
dell'esistenza di questo virus utilizzato per frenare l'economia,
secondo la loro visione. Devo sinceramente affermare che è
agghiacciante sentire certe parole perché negano il fatto più
importante, l'essere stati obbligati alla chiusura di tutte le
attività commerciali e produttive e alla quarantena per molte
settimane.
Si sta negando che chi ha riaperto oggi sia preoccupato
costantemente da obblighi sui protocolli di sicurezza e sulla salute
di chi usufruisce dei suoi servizi. Addirittura alcune attività
hanno potuto riaprire solo oggi, altre non riapriranno mai
più.
Probabilmente dovevamo immaginare di vedere quelle
scene, la manifestazione era organizzata e pubblicizzata in rete da
ben più tempo, però l'aspetto che serve comprendere con grande
attenzione é da una parte sul sentimento di rabbia che tocca la
pancia più vuota del paese e merita attenzione risposte serie e non
è certo rappresentata da questi personaggi, dall'altra sulla
diffusione incontrollata di un movimento in realtà già noto alle
cronache locali e nazionali. Vedo in questi gilet arancioni una
riscrittura o meglio un restyling di movimento durato oggettivamente
poco ma che intorno all'Immacolata di sette anni fa scatenò la sua
violenta preoccupazione, i forconi. Mi sembra che anche dalla
composizione di c'era in quelle piazze si voglia ricominciare un
discorso interrotto bruscamente o in modo inconsistente.
E poi è
arrivata la festa della Repubblica.
Sono arrivati i tre della
Banda Bassotti, decisi a utilizzare il 2 giugno come controaltare per
strumentalizzare ancora una volta e in modo più ufficiale la
polemica politica.
È un tema culturale ancor prima che politico.
La Festa della Repubblica non arriva dai capricci o dalle esigenze di
qualcuno. É figlia legittima della resistenza che liberò il paese
dall’invasore nazifascista.
É verissimo che senza il 25 aprile
non ci sarebbe stato il 2 giugno. La Repubblica è un organismo vivo.
La Repubblica è la scelta dei tanti italiani e delle tante italiane
che 74 anni fa la monarchia sabauda meritava dopo essere stata
sostanzialmente zitta di fronte alle repressioni di sangue poi
premiate è di fronte ad uno dei più feroci regimi totalitari del
Novecento.
La Repubblica è lo strumento con il quale i lavoratori
hanno provato a riscattarsi dal potere di licenziamento illimitato
dei proprietari. La Repubblica è stato il vettore di emancipazione
delle donne dal dominio maschile del potere. La Repubblica ha
resistito ai golpisti, al terrorismo omicida, alla mafia che ogni
giorno fronteggia le istituzioni.
È un qualcosa di veramente
indecoroso e scorretto nei confronti di chi ha patito il Ventennio,
di chi crede un valore sacro e intoccabile il principio della
sovranità popolare sulla cosa pubblica sulla gestione del proprio
stato e dei propri interessi. Ancora una volta questo centrodestra
utilizza una giornata di tutti come manifestazione di parte tentando
di distogliere l'attenzione dal messaggio forte che il 2 giugno
quest'anno lascia, una Ricostruzione da un periodo difficile
emotivamente e finanziariamente, una Ripartenza nuova. E ancora una
volta come fosse cosa da niente non arrivano chiarezza sulle foto e
la presenza innegabile di mani destre alzate e inneggianti al
fascismo. E anche qui sempre da questa direzione arrivano i peggiori
insulti al Presidente della Repubblica nel giorno in cui si onora
questo nostro ordinamento e nel periodo storico in cui la sua figura
come garanzia di unità è indispensabile per affrontare il
disorientamento di questi giorni.
Ribadisco che
il diritto di manifestazione è sacrosanto ed è giusto che ciascuno
manifesti le proprie idee a voce alta, ma non è ammissibile rivedere
scene e ascoltare narrazioni che richiamano al buio peggiore della
nostra storia e soprattutto è indegno vedere le immagini
dell'opposizione meno responsabile di sempre dopo averle sentite
rimproverare il governo costantemente per tutto questo tempo
difficile.
Alessandro Ritella
*credit photo: La Repubblica